Un lungo cammino…

La propria strada è celata



Grazie ad un divorzio
son diventato poeta
devo a lui d’esser
divenuto un esteta
un’emorragia cerebrale
sconvolse la mia vita
seppi così tramutare
lo sconvolgimento in versi
il dolore m’ha reso migliore
affinando la mia sensibilità
mia innata peculiarità
c’è sempre una porta aperta
in ogni esperienza umana
saper coglierne il profondo senso
rende la vita vissuta
ricca di valore immenso.
Il piacere è figlio del dolore.



Io sognavo ogni dì
diventar poeta rinomato
ma sbattevo contro l’ignoranza
del mondo che mi circondava
ricordo ogni momento di gioia
quando m’immaginavo felice
felice ed amato per ciò che ero
ma era solo un’illusione
un impero di polvere
disperso dal vento
che soffiava contro me
folla di pensieri oscuri
da allontanare ogni notte
ogni cosa che sapevo
s’allontanava in distanza
nell’impero di polvere…





La mia cifra è la malinconia
percorso che guida alla poesia
poesia mia fedele compagna
ancora di salvataggio nei giorni
in burrasca, di tradimento e stordimento,
malinconia dai colori tenui e mesti
paletta di pittore mancato, per scelte
di genitori che non la coglievano
mutandola per insita timidezza.

La mia cifra è una certa tristezza
che la vita molto mi ha tolto
negandomi il piacere d’esser padre
malinconia che nessuno può cogliere
e sottolineo nessuno, ch’essa è egoista
mi vuole solingo e senza compagnia
che condivida con me la sua presenza
né moglie né madre o fratello
solo io devo essere il suo fardello.


La morte di un poeta
è sempre una perdita
ma un poeta muore
lasciando la scia dei suoi versi
ad illuminare il giorno
scia come cometa nella notte
notte buia dei suoi versi perduti
buco nero di parole smarrite
nel cercar di comporre versi
la morte di un poeta è dolore
duplicato dalla forza del suo lascito
che i suoi versi son orfani
del suo sapore di spezie lontane
spezie dal colore di dune e sabbia
che sono incise nel suo respiro
eterno aperto al divino cielo
luminose porte celesti
spalancate ad accoglierlo…

  

Ho il fuoco sacro della poesia,
e non c’è ostacolo o scoglio
che riesca a sviarmi o mi porti via,
cammino per le strade e le piazze
a volte, posso sembrarvi un po’ perso,
ma la mia mente vola e libra leggera,
immersa totalmente in un nuovo verso,
nel suo impalpabile e lieve universo,
mio smisurato mondo: infinito,
dove guerre e crudeltà sono bandite
ove il sogno è realtà, e la realtà un miraggio,
colmo di dolore e spietatezza, e dove è negata
l’infanzia e la giovinezza, il male è padrone
assoluto, deruba i sogni e le speranze,
illusioni d’una vita migliore, sotto piogge di bombe
più o meno “intelligenti”, intelligenza d’un demonio,
che distrugge la vita in ogni sua parvenza,
le feste d’un matrimonio, rito nuziale con Satana
corpi spazzati via come fuscelli
in nome di un Dio cieco e sordo,
in nome di un Dio sordo e cieco.
In tutta questa assurda situazione,
la mia mente cerca, testardamente, poesia,
oscilla, vacilla, riprende la rotta e l’ispirazione:
la poesia non salverà il mondo; ma l’umanità,
il suo stato d’animo più profondo, ineguagliabile,
brucerà e risorgerà in un fuoco sacro,
Fuoco sacro che la monderà.

M’immergerò in un mare d’emozioni
tra onde di perifrasi di sinonimi
flussi di sentimenti fragili come cristalli
dove i pesci son parole, espressioni di gioia
o di dolore, frasi d’amore o di stupore
ove il mondo è meraviglia, nuvola di zucchero
e di vaniglia, dove splende la mia sensibilità
dove sfavilla la mia fragilità,
che di salute son cagionevole, ma la mia forza
è nella poesia, mia compagna e amica
mio riferimento costante, mio solido picchetto
che mi sorregge sulla parete impervia della vita,
sulla quale m’innalzo con i miei versi,
punti di riferimento nelle costellazioni dei cuori
di chi come me soffre i patimenti
di un corpo fragile che t’inganna, ti conduce
sui binari della sofferenza, in stanze disadorne
d’ospedali dove la noia fa da padrona
e le notti ed i giorni, si susseguono uguali
i minuti sono ore, e le ore sono anni,
dove scorre la tua vita appesa ad un filo
filo di seta fragile e sottile, filo di speranza
di volerne uscirne vivo.
Ho trascorso gran parte della vita
in ospedale, un filo rosso continuo ed intrecciato,
che ha rafforzato la mia sensibilità
costruito una rude corazza sulla mia emotività:
Ho il fuoco sacro della poesia.


La spada di Damocle

Incombe sui miei giorni
sui miei gesti e sulle parole
sulle gioie e sulle certezze
incombe sulle notti
sui sogni interrotti
la spada di Damocle
è compagna crudele
sì crudele e severa
accompagna i miei gesti
dal risveglio al mattino
al prepararmi il pranzo
ombra dei miei pensieri
dalle notti in ospedale
ai rimorsi vissuti ieri
d’aver perduto vecchi amici
l’essermi allontanato dal mio passato
ombra che offusca ogni gioia.


Mi sono illuso d’esser un poeta
ma poeta non sono, sono ragioniere
la poesia era una effimera scusa
per fuggire dalle cifre e dai bilanci
attivo e passivo erano tormenti
per il mio animo proteso ai versi
mi sono illuso d’esser poeta
dai primi commenti estasiati
di altri ragionieri o ingegneri
poeta non sono non ho attestati
ma ho un diploma di contabile
ho contato le mie ferite d’animo
i miei tormenti di fronte all’altrui
dolore all’altrui disperazione
di fronte ai quali sono ben abile
a tramutarli in parole non versi
i veri poeti son uomini immensi
e da me son ben diversi!



Il dolore è un buco nero
e come esso, raccoglie ogni cosa
abbia al suo fianco, neppure l’empatia
dei tuoi cari può comprenderlo
e alleviartelo, solo la poesia
è la mia vera medicina,
il principio attivo sanante
e alleggerente che diminuisce
ed illumina il suo fosco buio
allorché è all’apice della sua
perfidia e ti morde come iena
sulla tua sensibile emotività
il dolore è egoista e prepotente
poco gli importa dell’oggi
e delle lacrime agli occhi
qualsiasi cosa tu faccia
dal prepararti da mangiare
al dormire non ti dà tregua,
tentando di farti svenire!


Il mouse è capriccioso
balla su e giù per la pagina
mi accorgo che è la mia mano
che non controllo più a dovere
dopo essermi scervellato
la soluzione ho finalmente trovato.

Grazie alla poesia ho nuovi amici
e Lei che ci lega ed accomuna
dalle Alpi sino a Lampedusa
è per noi tutti la nostra musa
cerchiamo tra le nostre sinapsi
nuove ispirazioni e nuove rime.

Dedico a tutti gli altri poeti
il mio pensiero appassionato
a loro mie fratelli di metafora
apro il mio cuore e l’animo
certo di trovare ristoro e saggezza
attraverso lo schermo d’un computer.


L’Italia intera sotto schiaffo
del virus, ognuno con la sua
museruola, come cani ammaestrati
andiamo tutti in giro ben domati
al bar al ristorante in banca
tutti in fila a distanziamento
formale e d’ordinanza: pupi
siciliani pronti per l’opera
di marionette dall’alto guidate
giornali e televisioni fan terrore
con bollettini da guerra mondiale
umanità vittima di questa pandemia
a chi giova questo clima pesante?
All’industria farmaceutica globale
alla ricerca del vaccino miracoloso
“bigfarma” non ha frontiere né confini
quando l’antidoto sarà trovato
miliardi di denaro muoveranno
per l’intero globo terracqueo!
Un virus microscopico stravolge
l’umanità dal nordovest al sudest
dal sudovest al nordest! In mascherina…