Che bianca è la morte con la vita gioca a sorte cerchi un’idea vanamente ma le sinapsi son tutte spente si accende solo il dolore persistente che ti assilla, t’insegue come ombra anche il web ti stanca e t’adombra cerchi rifugio nello smartphone tra WhatsApp ed Instagram come fossero boe di salvataggio così scrivi versi persi e confusi parole in cerca d’un senso: un retaggio forse confuso sei tu di fronte all’infinità del semplice foglio bianco siamo app anche noi d’intelletto e anima d’emozioni e passioni trascritte su un foglio bianco!
Mia moglie mi ha salvato la vita, accorgendosi di un macchinario sfalsato misurante i dati del mio cervello. Per cui, mi hanno posto una d.v.p.* e grazie a quest’ultima protesi sopravvivo.
Mia moglie come me ama viaggiare, mi ha portato in Russia, in Polonia, in Istria e in Corsica, entrambi andammo in USA, con i nostri precedenti congiunti Poi, con lei andai in Svizzera, che già conoscevo per esserci andato parecchio tempo addietro, non ero stato a Ginevra ed a Montreux. Mi portò anche in Austria a Salisburgo la città di Mozart, ed io adoro le sue composizioni.
In Istria, volevo andarci poiché, avevo conosciuto sul treno pendolare tra Ventimiglia ed il Principato di Monaco, una ragazza di origine istriana. Facemmo amicizia essendo profughi ambedue ci raccontammo le nostre storie che ci assimilavano, anche se, per vicende storiche molto dissimili! Scoprii le sue coste ed i suoi monumenti veneziani, con il leone di san Marco che in ogni chiesa alberga: Parenzo, Buie altre ancora, ed infine Pola ed il suo anfiteatro che la fa sembrare una piccola Roma.
In Polonia fui sorpreso dalla piazza di Cracovia, ancor più della piazza rossa di Mosca, pur grande ed austera!Mia moglie ed io amiamo viaggiare il viaggio è un nostro collante il nostro filo rosso che ci unisce.
Poi, ci sono i giorni confusi dove il caldo annebbia la mente e l’aria pesante opprime l’inventiva quei giorni dal suono cupo e sordo ove cerchi con affanno una brezza fresca e leggera che smorzi l’afa e quando giunge fermi il tempo in un fermo immagine che disseta giorni confusi e come venere nude distese sul bagnasciuga assolato non c’è acqua che disseti e sazi quelle idee ingarbugliate e cupe.
Poi, ci sono i giorni felici che s’allontanano e sfuocano lontano nel tempo tra pieghe di gioiosi ricordi immortalati in fotografie distanti e presenti incise nel cuore e nella memoria quei viaggi oltre oceano stupivano i nostri occhi e abbagliavano la nostra vita ed il nostro fatuo amore sul filo del rasoio incideva a sangue il futuro che oscuro s’annunciava a noi.
Il dolore continuo ottunde la mente ottunde il tempo il vento soffia alle mie spalle svuoto la testa con la musica maestra di sinfonie lievi e leggere mi stordisco vanamente con il rock ma quando torno in me è lì presente guardiano dei miei tormenti delle minime emozioni annegate nel suo egoismo che tutto occupa tutto vuole tratto di matita spesso e acuto disegna cieli tormentati uggiosi rifugiandomi in coperte di poesia riesco a stemperare i suoi acuti che mordono e annientano la mia umana resistenza
Il dolore è fraseggio mio tempo in sì bemolle semitono e solfeggio delle spine e degli aghi che m’assillano e tormentano il dolore è suono dodecafonico indipendente dai muscoli e dai nervi che l’attraversano è un ossessione continua condanna perpetua e buia minuetto dello stiletto che incide il mio passo claudicante e imperfetto un fraseggio sommesso ma anche ululato di lupo disegna la mia vita d’un colore cupo…
È bello sapere che esisti averti sempre al mio fianco saperti ancora del mio mare faro delle mie notti insonni averti lì nel buio stella polare a tracciare la mia incerta rotta a sostenermi sulle ripide rocce dei giorni colmi di sofferenza dolomiti di dolore aghi acuti conficcati nella mia carne riflessi di sole nelle lacrime nascoste alle mie giornate.
È bello sapere che esisti rimarrà la tua impronta sulle mie fragili emozioni traccia in filigrana sulle parole che scrivo per liberarmi delle paure rete a strascico sulla mia anima disillusa dai sogni svaniti all’alba…
Non conobbi il tuo volto ne ascoltai mai la tua voce mai abbracciai il tuo corpo appena nato e spaventato mai fui deluso dalle tue scelte né dalle strade da te percorse ma neppure la gioia d’averti mi fu mai concessa e offerta manca il tuo calore amato.
Non conobbi mai pena ne spavento per la tua salute ne ripetei il tuo nome a notte fonda avrei amato insegnarti la mia poesia insegnato a dominar le emozioni con dei versi e delle rime baciate preparato a diventar uomo giusto non preda della rabbia e dell’odio che sciama come una locusta.
Mai conobbi il tuo amore né il tuo giusto dolore nel vederti offeso nell’assomigliarmi da gente meschina ed insignificante mai conobbi lacrime amare per tuoi ingiusti apprezzamenti sul mio operato di genitore alle prime armi come ogni padre ed ogni madre nei primi anni.
Mai tersi le tue lacrime copiose sulla mia rassicurante spalla né risi per la innocente ingenuità di bambino stupefatto dal mondo dai suoi tramonti e notti stellate dai Natali e capanne innevate né scorsi la tua gioia bambina di fronte ai pacchi infiocchettati nel luccichio dell’albero di Natale.
Poi ci son le ore vuote a navigar nell’incertezza nell’assoluta vaghezza di pensieri e sentimenti dispersi tra le onde ed i marosi delle giornate insipide ed annoiate.
Poi ci sono gli occhi stanchi davanti al computer e la tastiera alla ricerca di un idea vera che il caldo già opprime e sfianca appesantisce e svuota la mente l’estate è ai suoi primi vagiti.
La vana ricerca d’una brezza nell’agitarmi nel silenzio della casa note che sfiorano il pensiero antiche come la mia gioventù in cui scorrazzavo per valli e monti della mia amata intemelia.
Poi c’è il tempo che vola via scivola tra le dita e le virgole dei versi appena composti guardandoti in dietro scorgi il caleidoscopio di emozioni vissute e traslate in versi.
Poi c’è la paura carsica, soffusa nel tuo vissuto, confronto con la morte con le sue catene di ore vuote.
Nel limbo dei versi perduti giacciono parole sperdute attendono un raggio di luce che illumini il buio della mente nel limbo una voce lontana pubblicizza un locale alla moda voci lontane sulla battigia richiamano me bambino col mio rosso costumino e la ciambella a pois colorata la pizza rossa e panino e marmellata. Nel limbo dei perduti versi sperdute parole riposano nel buio della notte costellata di sogni e nuovi racconti nascosti tra le pieghe dei giorni tra le lune piene ed i tramonti.
Un passo sulle Twin Towers ad osservare meravigliato il brulicare delle strade delle persone come formiche gli elicotteri che scompigliano i capelli.
la curva dell’orizzonte lontano s’apre ad altri mille grattacieli che disegnano cattedrali di cemento il cielo azzurro ed il mio sgomento rimpicciolisce, e mi fa formica.
Un passo sulla piazza rossa che immaginavo immensa e scopro meno grande ai miei occhi meravigliati assai dalle costruzioni avveniristiche alla periferia di Mosca.
Quei passi lenti al Domodedovo e l’emozione dell’essere in Russia con le sue chiese ortodosse colme d’icone sacre allineate attente come guardie dorate.
Un passo sulla piazza di Cracovia meravigliosa città nobile e regale che ha stupito i miei occhi e la mia vergine immaginazione Polonia culla di re e di santi.
Un passo in Istria terra perduta amara slava frontiera caduta costellata di leoni di San Marco segnano l’antico tempo andato fastoso e ricco di gloriose battaglie.